È così, infatti, che Corinaldo viene tuttora “identificata” dagli abitanti dei centri vicini. I corinaldesi passano, secondo una tradizione secolare, per mattacchioni. Comunque per tipi un po’ originali. Il giornalista e celebre fotografo Mario Carafòli (1902 – 1986) si è divertito a raccogliere con appassionata puntualità le tante storie curiose suscitate da questo popolo di estravaganti.
Una di queste antiche dicerie narra de “Il pozzo della polenta”. Un contadino salì lungo la scalinata (La Piaggia) con un sacco di farina di granturco sulle spalle. Affaticato, giunto nei pressi del pozzo, appoggiò il sacco sul bordo per riprendere fiato. Questo si scucì e tutta la farina finì nel pozzo, dando la possibilità ai corinaldesi di “servirsi” di polenta per molto tempo a venire. Da picchiatelli a geniali il passo è breve. I corinaldesi, per nulla infastiditi dalla fama di “polentari” hanno preso spunto dalla storiella per l’annuale rievocazione storica, detta appunto “La Contesa del pozzo della polenta”.
Sotto la città di Osimo esiste un’incredibile seconda oscura gemella. Un mondo sotterraneo collega palazzi principali, come Palazzo Campana, Riccioni, Simonetti e Palazzo Gallo, espandendosi per la città in una sorta di labirinto. Questo luogo è ricco di antiche simbologie alchemiche, al quale ancora non è stata data spiegazione sulla nascita e sulla rispettiva funzione. Esso fu di certo solcato e vissuto dai Cavalieri di Malta e Templari dove svolgevano le iniziazioni sull’ordine. Dopotutto la simbologia del labirinto è stata da sempre considerata l’elemento principale per il cammino nell’oscurità del caos primordiale verso la luce, da semplice anima mortale e confusa ad anima immortale e “illuminata”. Non a caso il percorso era da farsi in un luogo sotterraneo, bisognava combattere e sconfiggere il buio, prima di trovare l’uscita verso la luce.